Liceo linguistico europeo

"CAPITANIO"

- Bergamo -

INTRODUZIONE

IL PROGETTO "PENSARE EUROPEO"


LEZIONI PRELIMINARI:

BREVE STORIA DELL'IDEA DI EUROPA

» STORIA DELL'UNIONE EUROPEA

LE RADICI DELLA CULTURA EUROPEA

IL CONTRIBUTO DELLE RELIGIONI MONOTEISTE ALLA COSTRUZIONE EUROPEA


LAVORO DEI GRUPPI


HANNO COLLABORATO...

QUESTA VERSIONE HTML DEL PROGETTO

COME CONTATTARCI

.
LEZIONI PRELIMINARI

STORIA DELL'UNIONE EUROPEA
(prof.ssa Colombo)

prof. Colombo

La prof.ssa Chiara Colombo


Da alcuni anni l’Europa sta attraversando un periodo di transizione pieno di conflitti e senza un modello predominante. Può quindi contare solo su se stessa; la ricerca di equilibrio e nuove ambizioni di potere delineano il suo singolare profilo.

Dopo la seconda guerra mondiale si delineò il processo creativo verso la cooperazione per garantire la sopravvivenza dell’Europa. Nel 1946 venne per la prima volta formulata l’idea decisiva di fondare gli Stati Uniti Europei sotto la guida di Francia e Germania. Da un lato gli stati occidentali desideravano unirsi per scongiurare pericolose iniziative di singoli stati, dall’altro gli americani sostenevano il progetto di un’Unione europea perché speravano in una maggiore distensione internazionale.

La creazione dell’OECE, Organizzazione Europea di Cooperazione Economica che proponeva un mercato comune (1948), mostrò chiaramente che la situazione internazionale poteva notevolmente accelerare il processo di unificazione europea.

Nel maggio dello stesso anno vi fu inoltre il Congresso europeo dell’Aia, il quale sollecitò la fondazione del Consiglio d’Europa.

Successivamente, il 18 aprile 1951, si giunse alla firma del trattato istitutivo della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA), che entrò in vigore il 23 luglio 1952, la quale aveva il compito di creare un mercato comune di queste materie prime e dei loro prodotti derivati, che ne permesse il controllo, la pianificazione e lo sfruttamento.

I rappresentanti degli stati membri della CECA firmarono, nel maggio 1952, il trattato che istituiva la Comunità Europea di Difesa (CED). L’iniziativa aspirava a creare un esercito europeo comune, sotto l’autorità di un ministro europeo della difesa, e, nel giro di due anni, doveva essere integrata con la CECA nella Comunità europea.

Alla conferenza dei ministri degli Esteri della CECA tenutasi a Messina l’1-2 giugno 1955, si decise di avviare i negoziati per l’integrazione in altri settori. Da qui nacquero i trattati di Roma, firmati il 25 marzo 1957 che istituivano la Comunità Economica Europea (CEE), la quale proponeva di allargare la libera circolazione di persone, capitali e beni/servizi. Gli stati fondatori della CECA aspiravano ad un’unione doganale nell’ambito della CEE.

L’1 gennaio del 1973 la CEE venne ampliata verso il Nord con l’entrata della Danimarca, dell’Irlanda e del Regno Unito. I negoziati per l’adesione, avviati il 30 giugno 1970, si conclusero il 22 gennaio 1972 con la firma dei trattati a Bruxelles.

Alla fine degli anni ’70, si fece un bilancio obiettivo del processo di integrazione europea. Il risultato di tale bilancio registrò sia successi e conquiste che inadempimenti e lacune:

  • I principali ostacoli alla libera circolazione delle merci erano stati eliminati ed era stata introdotta una tariffa doganale comune: si procedeva quindi, ad una politica di liberalizzazione degli scambi, ciò nonostante esistevano ancora formalità doganali;
  • settori politicamente rilevanti erano passati sotto il controllo della Comunità portando al benessere economico dell’Europa occidentale;
  • era stata introdotta una politica commerciale estera comune;
  • la rete di accordi e di associazione creata dalla Comunità ha rafforzato la sua posizione internazionale.

Tuttavia l’obiettivo di un’unione economica e monetaria non era ancora raggiunto. Così vennero creati nuovi strumenti che non rientravano nelle finalità della Comunità meccanismi di credito.

Per esempio lo SME, ossia il Sistema Monetario Europeo che è entrato in vigore il 1 gennaio 1979. Gli ideatori sono stati il presidente francese Giscard d’Estaing e il cancelliere tedesco Helmut Schmidt. Sostanzialmente lo SME lasciava intatta la sovranità dei partecipanti in campo monetario e introduceva, seppur ancora vaghe, disposizioni in materia di meccanismo di cambio e di intervento delle banche e vari meccanismi di credito.

Venne introdotto l’ecu (European Currency Unit): esso è un valore di riferimento artificiale tra le varie monete. Questa moneta artificiale/bancaria e di conto corrisponde al valore medio di tutte le monete che partecipano allo SME. L’ecu serve in primo luogo quale valore di riferimento e denominatore nel quadro del meccanismo di cambio e di intervento, nonchè per il funzionamento nel quadro di transazioni internazionali quale moneta di emissione o di investimento sui mercati internazionali.

  • Il meccanismo di cambio e di intervento funziona mediante una ‘griglia di parità’: per ciascuna moneta dello SME viene fissato un tasso centrale in ecu. Incrociando i tassi centrali in ecu, si ottiene una serie di parità bilaterali per ciascuna delle monete che partecipano al meccanismo di intervento; al di sopra e al di sotto del tasso centrale viene fissato il margine di fluttuazione.

Inizialmente il margine era fissato per la maggior parte dei paesi a + 2,25% rispetto alla parità centrale. Per Regno Unito, Italia e Spagna il margine era del 6%. All’inizio dell’agosto 1993 il margine di fluttuazione è stato allargato al 15%. Quando una moneta raggiunge il tasso limite di intervento, la banca centrale di quel paese deve limitare i movimenti delle altre divise vendendo o acquistando sul mercato del cambio, ossia opponendo operazioni contrarie all’oscillazione della valuta (l’Italia è rientrata nello Sme nel 1996).

Più i margini di fluttuazione sono stretti, più i partecipanti allo SME devono allineare la loro politica monetaria e quindi si restringe lo spazio di manovra delle banche centrali.

I margini di fluttuazione permettono di osservare il livello di integrazione tra le politiche monetarie dei vari stati membri, infatti, se la moneta si discosta troppo dal proprio tasso centrale, questo clima deve essere modificato cioè riallineato.

  • I tre meccanismi di credito dello SME sono stati creati tra il 1972 e il 1979. Essi permettono di concedere un sostegno ad uno Stato membro a varie condizioni, ad esempio:

a) Se una banca centrale deve intervenire ma non ha le riserve sufficienti, può ottenere un ‘finanziamento a brevissima scadenza’ del FECOM. Tra la banche centrali viene attuato un ‘sostegno monetario a breve termine’.

b) Gli stati membri possono concedersi reciprocamente un ‘contributo finanziario a medio termine’.

All’inizio degli anni ’80 si assistette ad una accentuazione della crisi economica degli anni ’70 e negli stati membri cominciarono a manifestarsi tendenze al protezionismo e al ripiegamento verso un certo nazionalismo. La solidarietà cominciò ad entrare in crisi a causa dell’inasprimento tra interessi comunitari e nazionali. I problemi connessi con la struttura istituzionale della Comunità europea limitavano la sua capacità d’azione; inoltre gli anni ’80 furono caratterizzati anche da negoziati difficoltosi per l’ampliamento della Comunità verso Sud.

Il 12 giugno 1981 aderì alla Comunità europea anche la Grecia, dopo che il trattato di adesione era stato firmato ad Atene il 28 maggio 1979.

Il 12 giugno 1985 vennero firmati i trattati di adesione di Spagna e Portogallo, che sarebbero entrati in vigore l’1 gennaio 1986. Queste due adesioni trasformarono l’assetto politico della Comunità in quanto a uno sviluppo tendenzialmente imperniato sull’unificazione politica, subentrava un’impostazione di stampo più economico.

Il 1 gennaio 1986 la Spagna e il Portogallo entrano a far parte della Comunità attraverso i trattati che sono stati firmati rispettivamente a Madrid e a Lisbona il 12 giugno 1985.

L’integrazione europea è stata possibile attraverso l’Atto unico europeo (AUE), adottato dai capi di stato e di governo nel vertice di Lussemburgo del 1985. La sua entrata in vigore contemporaneamente con l’adesione di Spagna e Portogallo.

L’AUE si prefigge principalmente la realizzazione di un mercato interno, il cui comportamento porta a un’estensione notevole dei settori nei quali le decisioni intervengono a livello europeo. I singoli Stati, cui spettavano fino a quel momento le decisioni politiche per garantire il buon funzionamento del mercato, vedono trasferita al sistema politico della Comunità una parte sempre maggiore dei loro poteri e, conseguentemente, l’effettiva capacità di agire della comunità diventa uno dei problemi più dibattuti nell’Europa degli anni ’90.

Infatti, le conseguenze del mercato interno in termini di politica sia interna che esterna rendono necessaria l’adeguamento al nuovo stato di cose i vari aspetti della Comunità: monetaria, ambiente, politica estera, sicurezza interna ed esterna.

Riguardo alla politica monetaria la Comunità è riuscita a compiere dei passi decisivi.

Il 7 febbraio 1992, la firma del trattato sull’Unione Europea a Maastricht ha delineato con chiarezza le tappe di attuazione dell’Unione economica e monetaria:

  • il 1°gennaio 1994 è iniziata la seconda fase, che si prefigge di consentire al maggior numero possibile di Stati membri la partecipazione alla fase finale e di avviare i lavori preparatori per l’istituzione di una Banca Centrale Europea; si crea l’I.M.E. (Istituto Monetario Europeo che deve preparare la fase di transizione all’Euro predisponendo per il maggio 1998 una relazione che indichi gli Stati da ammettere alla prima fase dell’Unione monetaria);
  • precisi criteri determinano la partecipazione alla fase finale: stabilità dei prezzi, rigore di bilancio pubblico, convergenza dei tassi di interesse a lungo termine, partecipazione al sistema monetario europeo constabilità dei tassi per 2 anni consecutivi : si vedano i parametri di convergenza.

Il vertice di Maastricht ha contribuito inoltre a potenziare la politica estera e di sicurezza comune: in tal senso si definisce

  • l’impegno di tutti gli Stati membri a porre una politica estera di sicurezza comune in tutti i settori;
  • l’azione comune, una volta adottata all’unanimità dal Consiglio dei Ministri, è seguita dalle successive decisioni prese a maggioranza qualificata;
  • l’Unione dell’Europa occidentale (UEO) formerà parte integrante dell’Unione europea e dell’Alleanza atlantica.

Le altre decisioni del vertice di Maastricht hanno come obiettivo la creazione di una cittadinanza europea, il potenziamento della cooperazione nei settori della politica interna ed esterna, ma soprattutto un’estensione delle prerogative del Parlamento europeo.

Nonostante i progressi compiuti grazie al trattato sull’UE, restano ancora da realizzare varie riforme politiche.

Nel "dopo Maastricht" l’integrazione europea dipenderà dal modo in cui si riusciranno a perseguire due obiettivi fondamentali: da un lato, un approfondimento dell’Unione e un’intensificazione delle politiche esistenti per poter agire con maggiore incisività (problema de3ll’armonizzazione delle politiche e delle legislazioni nazionali con quelle comunitarie); dall’altro, la capacità di gestire gli ampliamenti già realizzati e quelli previsti (annessione di nuovi paesi dell’est europeo: Europa dei 26)

Dunque, Maaastricht e il mercato interno, rappresentano due tentativi di dare impulso alla capacità d’azione della Comunità per poter affrontare con strumenti più efficaci i numerosi compiti che la politica europea ha ancora davanti a sé.

Il 1 gennaio 1995, l’Austria, la Finlandia e la Svezia entrano nell’Unione dopo che i trattati di adesione sono stati firmati a Corfù il 24 e 25 giugno 1994.

Fin dall’inizio si sono registrate varie forme organizzative, diverse forme di adesione, ritmi diversi nell’attuazione delle politiche. Pertanto, questo sistema così complesso e variegato non può che seguire un programma ben definito. Calibrando l’integrazione si possono evidenziare tre modelli:

  • la rapida integrazione di un nucleo forte di Stati membri, sulla base delle decisioni adottate a Maastricht in materia di unione politica e monetaria;
  • la decisione di un’unione politica indipendentemente dalla partecipazione all’Unione economica e monetaria;
  • la creazione di un’unione politica da parte degli stati membri dell’UEO, privilegiando nel processo di approfondimento politico le scelte in materia di sicurezza comune.

OBIETTIVI DELLA COMUNITÀ EUROPEA

Il Trattato di Maastricht, approvato il 7 febbraio 1992, stabilisce alcuni importanti obiettivi:

  • LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE MERCI (art. 9 del Trattato di Maastricht): principio che comporta un’unione doganale, ossia il divieto di imporre dazi doganali per l’importazione e l’esportazione fra gli stati membri;
  • ABOLIZIONE DELLE RESTRIBUZIONI QUANTITATIVE TRA GLI STATI MEMBRI (art. 30): sono vietate fra gli stati membri le restrizioni quantitative all’importazione;
  • LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE PERSONE (CITTADINANZA DELL’UNIONE art. 8): ogni cittadino dell’Unione ha diritto di circolare, soggiornare e lavorare liberamente nel territorio degli stati membri (articoli 48 e 8A);
  • ............DEI SERVIZI, ossia delle attività industriali, artigianali, commerciali;
  • ............DEI CAPITALI (art. 64): essa avviene attraverso la libera restrizione ai movimenti dei capitali appartenenti a persone residenti negli stati membri;
  • LO SVILUPPO DI UNA STRETTA COLLABORAZIONE NEL SETTORE DELLA GIUSTIZIA DEGLI AFFARI INTERNI;
  • LA PROMOZIONE DEL PROGRESSO ECONOMICO E SOCIALE attraverso una coesione economica e sociale e l’instaurazione di un’unione monetaria;
  • IL MANTENIMENTO DEL RISPETTO DEI DIRITTI UMANI FONDAMENTALI.

Al fine del pieno raggiungimento degli obiettivi sopracitati, l’Unione Europea attua diverse politiche:

-POLITICA ECONOMICA (art. 102A): gli stati membri e la Comunità agiscono nel rispetto dei principi di un’economia aperta e in libera concorrenza, al fine di favorire un’efficace distribuzione delle risorse e un’equa distribuzione delle ricchezze;

-POLITICA COMMERCIALE (art. 110): al fine di ridurre le barriere doganali e di sopprimere le restrizioni agli scambi internazionali, la Comunità Europea intende instaurare un’unione doganale tra gli stati membri;

-POLITICA SOCIALE (art. 117): al fine di raggiungere un miglioramento del tenore di vita e di lavoro dei cittadini, la Comunità Europea attua il funzionamento del mercato comune, che favorirà l’armonizzarsi dei sistemi sociali, inoltre la Comunità contribuisce allo sviluppo di un’istruzione (art. 126) di qualità, incentivando la cooperazione tra gli stati membri;

-POLITICA CULTURALE (art. 128): la Comunità contribuisce al pieno sviluppo delle culture degli stati membri nel rispetto delle loro diversità nazionali e regionali;

-POLITICA SANIARIA (ART. 129): la Comunità contribuisce a garantire un livello elevato di protezione della salute umana, incoraggiando la cooperazione tra gli stati membri;

-POLITICA INDUSTRIALE (art. 130): al fine di raggiungere un sistema di mercati aperti e concorrenziali tra gli stati membri; la loro azione è volta a promuovere un ambiente favorevole a un ambiente favorevole all’iniziativa e allo sviluppo delle imprese, per favorire un migliore sfruttamento del potenziale industriale, delle innovazioni di ricerca e di sviluppo tecnologico;

-POLITICA AMBIENTALE (art. 130R). La politica della Comunità in materia persegue:

  • la salvaguardia, la tutela e il miglioramento della qualità ambientale;
  • la protezione della salute umana;
  • l’utilizzazione razionale delle risorse naturali;
  • la promozione di misure per risolvere i problemi dell’ambiente a livello regionale e mondiale;

-POLITICA MONETARIA (art. 105), per raggiungere un’unione monetaria.

Per raggiungere gli obiettivi all’interno di ogni singola politica, l’U.E. si prefigge delle ‘norme comunitarie’, che formano il cosiddetto ‘diritto comunitario:

  • I REGOLAMENTI: sono obbligatori, si rivolgono a ogni stato membro indistintamente, e non è necessaria una legge di recepimento. Hanno, però, un limite: non sono applicati se, e solo se, vanno o contro la costituzione dello stato o contro i diritti invionalbili;
  • LE DIRETTIVE: sono provvedimenti obbligatori nei fini, ma lasciano libertà di mezzi nel recepimento: in Italia, dal 1986, c’è la ‘Legge Pergola’ che stabilisce che le direttive si adottano con decreti legislativi previa legge delega comunitaria;
  • LE DECISIONI: servono per richiamare il comportamento negativo dello stato in questione e la sua attuazione è obbligatoria;
  • I PARERI: sono obbligatori ed esprimono il giudizio negativo o positivo ad esempio del Parlamento Europeo per l’entrata di nuovi Stati nell’U.E.;
  • LE RACCOMANDAZIONI: sono dei consigli che l’U.E. da a ogni singolo stato e non sono obbligatori, ossia non sono legislativamente vincolati.

  • 1 Luglio 1990: inizio prima fase con liberalizzazione totale dei movimenti di capitali nei paesi dell’Unione Europea.
  • 7 Febbraio 1992: trattato di Maastricht: fissazione delle tappe dell’Unione monetaria
  • 1 Gennaio 1994: istituzione Istituto Monetario Europeo (IME) con sede a Francoforte: verifica delle politiche economiche degli Stati verso i parametri di convergenza fissati dal Trattato di Maastricht. Predisposizione della relazione per l’ammissione all’Unione monetaria per il maggio 1998.
  • Dicembre 1995: durante il Consiglio europeo a Madrid: adozione del nome "EURO" per la moneta unica.
  • Maggio 1998: decisione relativa agli stati membri che parteciperanno all’ EURO da parte del Consiglio europeo; contestuale fissazione di tassi di cambio fissi (irreversibili) tra le valute che parteciperanno all’ EURO.
  • Dal 1 gennaio 1999: entrata in vigore dei tassi di cambio.
  • Entro il 1 gennaio 1999: Preparazione finale della Banca Centrale Europea e Sistema Europeo Banche Centrali.

Il consiglio adotta la normativa concernente la chiave di ripartizione per la sottoscrizione del capitale, la raccolta di informazioni statistiche, le riserve minime, la consultazione della Banca Centrale Europea e le ammende e le penalità di mora che possono essere inflitte alle imprese.

La Banca Centrale Europea ed il Sistema Europeo Banche Centrali si preparano alla fase operativa: istituzione della Banca Centrale Europea, adozione del quadro regolamentare, sperimentazione della politica monetaria,…

  • Dal 1 gennaio 1999: Definizione e attuazione della politica monetaria unica in EURO.

Svolgimento delle operazioni di cambio in EURO.

Emissione di titoli del debito pubblico quotati sui mercati in EURO.

  • Dal 1 gennaio 1999 sino al termine massimo 1 gennaio 2002: Cambio alla pari delle valute, a tassi di conversione irrevocabilmente fissati.
  • Preparazione della transizione all’EURO della pubblica amministrazione.

    Preparazione della transizione all’EURO del sistema bancario e delle imprese pubbliche e private.

    • Entro il termine massimo del 1 gennaio 2002: Avviare la circolazione delle banconote e delle monete in EURO e il ritiro delle monete e banconote nazionali.
    • Entro il termine massimo del 1 luglio 2002: Completare la transizione nella amministrazione pubblica e del sistema privato.

    ENTRATA IN VIGORE DELL’ EURO A PIENO REGIME: l’Euro circolerà tra tutti gli operatori pubblici e privati degli Stati membri dell’Unione monetaria.


    Precedentemente all' EURO, il trattato prevedeva un'altra moneta: l'ECU

    (European Currency Unit o unità monetaria europea). L'ECU funge da unità di conto fra gli stati membri. Questo è un paniere di monete, ovvero è formato dai valori delle monete dei vari stati membri dell'Unione.

    Per questo motivo l'ECU ha perso valore rispetto alle valute più stabili e quindi il valore della nuova moneta tenderà' verso quello delle monete più stabili simboleggiando l'identità europea.

    La nuova moneta, l' EURO, entrerà in vigore dal 1 gennaio 1999 nei paesi che possiedono i requisiti prescritti per partecipare all' UEM (unione economica e monetaria). IL nome ha il vantaggio di essere breve e di poter essere scritto allo stesso modo in tutte le lingue dell'Unione.

    Dal 1gennaio1999 al 31 dicembre 2001 avverrà la fase di transizione in cui ogni ente dovrà iniziare a mettere in moto il meccanismo della conversione: essa avverrà sulla base del tasso di conversione fissato nel maggio 1998 (1ECU=1EURO). Le nuove banconote, per le quali il potere di emissione spetterà alla BCE (banca centrale europea), verranno immesse al più tardi il 1 gennaio 2002, mentre le vecchie banconote nazionali dovranno essere ritirate dalla circolazione entro i 6 mesi successivi.

    Il nuovo accordo di cambio avrà alcune caratteristiche simili a quelle dell'attuale SME; in particolare i margini di oscillazione resteranno ampi per scoraggiare la speculazione. L'EURO sarà al centro del sistema, ovvero i margini bilaterali di fluttuazione di ciascuna moneta saranno definiti rispetto all'EURO, che, ci si attende sarà la valuta "forte" del sistema.

    Quindi l'introduzione della moneta unica non equivale ad una riforma monetaria, ma a un'operazione di conversione.

    Il lavoro preparatorio per le nuove banconote mira a soddisfare diverse esigenze: il bisogno di "certezza" del comune cittadino, la capacità di esprimere il messaggio dell'unità europea per la collettività nel suo insieme.

    In questa prospettiva è stata stabilita l'articolazione della serie di nuove banconote secondo la sequenza 1,2,5 e su sette tagli (5,10.20,50,100,200,500 euro), mentre le monete si articoleranno su otto tagli (0,01-0,02-0,05-0,1-0,2-0,5-1-2 euro).Dal punto di vista estetico, è stato definito per ciascun taglio il formato (crescente all'aumentare del valore) e il colore e sono stati previste caratteristiche rilevabili al tatto per i ciechi. Il disegno delle banconote accoglie il nome della divisa, l'acronimo BCE nelle cinque lingue (BCE,ECB,EZB,EKT,EKP) e le "dodici stelle simbolo dell' UE.

    Per convincere gli europei dell'utilità della moneta unica, occorre, da un lato fornire loro informazioni complete, dall'altro badare a prendere le decisioni politiche con trasparenza.

    L'accettazione da parte dei cittadini della loro nuova moneta è pero' solo il primo passo per il pieno successo dell'unione monetaria.


    IL PROCESSO DI CONVERGENZA

    Il trattato di Maastricht stabilisce che per entrare nell’area della moneta unica, l’EURO, nella terza fase dell’unione economica e monetaria (UEM), gli stati membri dell’Unione europea dovranno conseguire un livello di convergenza economico elevato e sostenibile. Per "convergenza economica" si intende, prevalentemente, un grado uniforme e duraturo di stabilita’ dei prezzi ,di equilibrio bilancio pubblico e di controllo del debito pubblico.

    La convergenza economica mira a favorire la credibilità della Banca Centrale Europea (BCE), necessaria a sua volta, affinché questa possa perseguire la stabilita’ dei prezzi, indicata dal trattato come suo obiettivo primo. La convergenza è anche necessaria per promuovere una crescita sostenibile e non inflazionistica dell’area nel suo complesso e prevenire tensioni e squilibri tra paesi fortemente integrati.

    I parametri di convergenza

    La valutazione della convergenza economica ai fini dell’ammissione alla moneta unica verrà incentrata su quattro principali criteri macroeconomici relativi all’inflazione, alla finanza pubblica, al tasso di cambio e al tasso di interesse.

    • INFLAZIONE (aumento dei prezzi)

    In merito alla stabilità dei prezzi il trattato stabilisce che gli stati membri dovranno avere un andamento dei prezzi sostenibile, ed un tasso medio d’inflazione che nell’anno anteriore all’esame (1997) non supera di oltre 1,5 punti percentuali quello dei tre stati membri che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi. Ex: (1,3+1,6+2) /3=1,63

    • FINANZA PUBBLICA

    a) deficit pubblico (debito di un anno dello stato) minore 3% PIL

    Il rapporto tra il disavanzo pubblico e il PIL non deve superare il valore del 3%, a meno che il rapporto non sia diminuito in modo sostanziale e continuo e abbia raggiunto un livello che si avvicina al valore di riferimento; oppure, in alternativa che il superamento del valore di riferimento sia solo eccezionale e temporaneo e il rapporto resti vicino al valore di riferimento;

    b) debito pubblico minore 60% PIL

    Il rapporto tra debito pubblico e PIL non deve superare il valore di 60%, a meno che detto rapporto non si stia riducendo in misura sufficiente e non si avvicini al valore di riferimento con ritmo adeguato

    I=100

    F=120

    DEBITO PUBBLICO=20

    Tasso di cambio

    Il criterio relativo al tasso di cambio stabilisce che lo stato membro debba rispettare normali margini di fluttuazione stabiliti dal meccanismo di cambio dello SME senza gravi tensioni per almeno due anni prima dell’esame.

    • TASSI DI INTERESSE a lungo termine

    Il criterio relativo alla convergenza dei tassi di interesse nominale a lungo termine di uno stato membro, osservato in media nell’arco di un anno prima dell’esame, non deve eccedere di oltre 2 punti percentuali quello dei tre stati membri, al massimo, che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi.

    Va tenuto presente, inoltre, che il trattato prescrive che nel valutare la convergenza si tenga anche conto di altri fattori: lo sviluppo dell’ECU, l’integrazione dei mercati, il costo del lavoro e gli altri indici dei prezzi.


    IL PATTO DI STABILITA’ E DI CRESCITA

    Il patto di stabilità e di crescita muove dall’idea di rendere più’ cogente, spedita ed efficace la procedura dei disavanzi eccessivi stabilita dal trattato di Maastricht, al fine di assicurare che i bilanci pubblici degli stati membri rispettino il limite del 3% del rapporto disavanzo PIL. A tale scopo ogni stato membro dovrà presentare un programma di finanza pubblica di medio termine, tendente a un pareggio o a un avanzo del bilancio pubblico, che specifichi il sentiero di correzione, le principali misure e l’impegno ad agire nel caso di deviazioni dei conti pubblici dal sentiero programmato. Il programma sarà sottomesso all’attento controllo della Commissione Europea; qualora il disavanzo pubblico ecceda, a parere della commissione, dovrà dare avvio alle procedure sui disavanzi eccessivi per lo stato membro in questione, perché corregga questo disavanzo.


    GLI ORGANI ISTITUZIONALI DEL’U.E.

    Gli organi istituzionali dell’U.E. sono esplicitati nella parte V del trattato di Maastricht.

    PARLAMENTO EUROPEO

    La sezione uno dall’articolo 137 al 144 contempla il Parlamento europeo, composto da 626 deputati e ha sede a Strasburgo. Il Parlamento europeo, eletto a suffragio universale diretto ogni cinque anni, è l’espressione democratica della volontà politica dei popoli dell’unione europea ed è il più grande parlamento multinazionale del mondo. Le sue funzioni sono analoghe a quelle di ogni altro parlamento: approvare leggi ed eseguire un’azione di controllo sull’attività del potere esecutivo. Il Parlamento si considera custode degli interessi europei e il difensore dei diritti dei cittadini. I cittadini europei, infatti, hanno il diritto di presentare al Parlamento delle petizioni su questioni che rientrano nell’ambito di competenza dell’U.E. e in questo modo possono denunciare casi di cattiva amministrazione nell’azione delle istituzioni europee.

    I principali poteri di cui dispone il Parlamento europeo si possono distinguere in:

    • poteri legislativi
    • poteri in materia di bilancio
    • poteri di controllo dell’esecutivo

    I poteri legislativi

    I poteri legislativi conferiti al parlamento sono:

    • la procedura di consultazione che il Parlamento formuli un parere prima dell’adozione da parte del Consiglio di una proposta legislativa presentata dalla Commissione;
    • la procedura di codecisione pone su un piede di parità, nel processo legislativo, il Parlamento e il Consiglio;
    • la procedura di cooperazione consente al Parlamento di proporre atti legislativi.

    Poteri in materia di bilancio

    Il Parlamento europeo approva ogni anno il bilancio dell’Unione. La procedura di bilancio consente al Parlamento di proporre modifiche ed emendamenti alle proposte iniziali della Commissione e al progetto del Consiglio. In casi eccezionali esso può respingere in blocco il bilancio e inoltre procede annualmente alla valutazione della gestione del bilancio da parte della Commissione prima di approvare i conti e di concedere lo ‘scarico’ sulla base della relazione annuale della Corte dei conti.

    Controllo dell’esecutivo

    Il Parlamento, ogni cinque anni, interviene direttamente nella nomina del presidente e dei membri della Commissione. Inoltre esso segue da vicino l’attività della Commissione esaminando le relazioni mensili e annuali che essa è tenuta a presentargli.

    CONSIGLIO EUROPEO

    La sezione due, dall’articolo 145 al 154, contempla il Consiglio europeo, formulato dai ministri dei 15 stati membri e avente sede a Bruxelles. Il Consiglio dell’Unione europea è un’istituzione che non ha equivalenti al mondo. In questa sede, gli stati membri legiferano in nome dell’Unione europea, definiscono i suoi obiettivi politici, coordinano la politiche nazionali e compongono le divergenze che esistono tra loro e con le altre istituzioni. Il ruolo del Consiglio europeo dell’Unione è di stabilire le priorità, definire gli orientamenti politici, dare all’Unione l’impulso necessario al suo sviluppo e comporre le divergenze.

    Ogni riunione del Consiglio riunisce i rappresentanti degli stati membri, che devono rispondere ai parlamenti nazionali e all’opinione pubblica dei rispettivi paesi. Attualmente, sono più di 25 i Consigli che si riuniscono regolarmente tra cui i Consigli ‘Affari Generali’, ‘Economia e finanza’, ‘Agricoltura’ ecc. Il Consiglio europeo presenta al parlamento una relazione dopo ogni sua riunione ed una relazione annuale sui progressi compiuti dall’Unione.

    La Presidenza

    La Presidenza del Consiglio è esercitata a turno dagli stati membri, che si succedono ogni sei mesi. I suoi compiti sono:

    • organizzare e presiedere tutte le riunioni;
    • elaborare compromessi accettabili e trovare soluzioni pragmatiche ai problemi sottoposti all’esame del Consiglio;
    • garantire coerenza e continuità alle decisioni.

    La legislazione comunitaria

    Le norme comunitarie dettate dal Consiglio possono avere forma di:

    • regolamenti: direttamente applicabili senza necessità di provvedimenti nazionali di attuazione;
    • direttive: vincolano gli stati membri per quanto riguarda l’obiettivo da raggiungere;
    • decisioni: obbligatorie in tutti i loro elementi per i destinatari;
    • raccomandazioni e pareri: non sono legislativamente vincolanti.

    Organizzazione

    Ogni stato membro ha una propria delegazione nazionale a Bruxelles, che è presieduta da rappresentanti permanenti che sono abitualmente diplomatici con una lunga esperienza. Essi sono riuniti nel Correre (Comitato dei rappresentanti permanenti degli stati membri), che preparano le sessioni ministeriali. Il Coreper si riunisce settimanalmente ed il suo compito principale consiste nel far sì che soltanto le questioni più delicate siano trattate a livello ministeriale.

    LA COMMISSIONE

    La sezione tre, dall’articolo 155 al 163, contempla la Commissione europea, formata da 20 membri e avente sede a Bruxelles. Per il suo ruolo e le sue responsabilità, la Commissione europea si colloca al centro del processo di decisione politica dell’Unione europea. Infatti il Consiglio e il Parlamento devono attendere una proposta della Commissione prima di poter emanare un qualsiasi atto legislativo, essa fa rispettare le direttive europee e l’integrità del mercato unico, sostiene le politiche dell’agricoltura e organizza i programmi di ricerca e di sviluppo tecnologico.

    I membri della Commissione

    La guida e l’orientamento della Commissione spettano ai suoi venti membri che, in molti casi, hanno già ricoperto importanti incarichi ministeriali nel proprio Paese. I commissari sono tenuti ad un’assoluta indipendenza nei confronti dei governi nazionali e ad agire esclusivamente nell’interesse dell’Unione europea. La Commissione si riunisce una volta la settimana per svolgere i suoi lavori che comprendono l’abolizione di proposte, la messa a punto di documenti politici e l’esame dei principali settori interessati dalle politiche europee.

    L’attività della Commissione

    Il ruolo della Commissione distingue tre funzioni:

    • potere di iniziativa legislativa;
    • custode dei trattati;
    • gestione ed esecuzione delle politiche dell’Unione europea e delle relazioni commerciali internazionali.

    Iniziativa legislativa

    Il processo legislativo ha inizio con la preparazione di una proposta da parte della Commissione persegue tre obiettivi costanti: individuare l’interesse europeo, procedere a una consultazione ampia quando occorre e rispettare il principio della sussidiarietà.

    Interesse europeo significa che una proposta legislativa tiene conto della scelta migliore per l’Unione europea e per tutti i suoi cittadini.

    La consultazione è una fase essenziale per la preparazione di una proposta; la sussidiarietà è applicata dalla Commissione, al fine di garantire che l’Unione europea intervenga soltanto se gli obiettivi previsti non possono essere adeguatamente realizzati dagli stati membri.

    Custode dei trattati

    La Commissione vigila sulla corretta applicazione della legislazione comunitaria degli stati membri, avviando nei loro confronti, in caso di inadempienza degli obblighi derivati dai trattati, una procedura di infrazione. La Commissione ha il potere di prendere provvedimenti nei confronti di individui, imprese e organizzazioni per violazione delle norme comunitarie. La Commissione, inoltre, vigila con attenzione sulle sovvenzioni pubbliche alle imprese e su certi tipi di aiuti pubblici che in base al trattato devono ottenere la sua approvazione.

    Amministratore e negoziatore

    La Commissione amministra il bilancio annuale dell’Unione europea e i poteri esecutivi di cui dispone sono assai vasti. Essa definisce i testi di applicazione degli atti da esso emanati, ha il potere di applicare le disposizioni dei trattati in maniera di concorrenza e disciplina le operazioni di fusione e acquisizione di imprese al di là di una certa dimensione.

    LA CORTE DI GIUSTIZIA

    La sezione quattro, dall’articolo 164 al 168, contempla la Corte di giustizia delle comunità europee, che a sede in Lussemburgo. La Corte di giustizia è composta da 15 giudici e nove avvocati nominati di comune accordano dagli stati membri per sei anni con possibilità di rinnovare il mandato.

    I giudici designano per tre anni il presidente della Corte di giustizia. Egli dirige le attività della Corte e ne presiede le udienze. La Corte è assistita da avvocati che hanno l’ufficio di presentare, con l’imparzialità e in piena indipendenza conclusioni motivate sugli affari sottoposti alla Corte.

    La Corte si riunisce in seduta planetaria o in sezioni di tre o cinque giudici. Essa deve riunirsi in seduta plenaria qualora lo richieda uno stato membro o un’istituzione della comunità che è parte della domanda.

    Alla Corte di giustizia è attribuito il compito di fornire le necessarie garanzie giurisdizionali al fine di assicurare il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dei trattati nonché nel complesso delle attività della Comunità europea.

    Ci si può rivolgere alla Corte nell’ambito di cause proposte dagli stati membri, dalle istituzioni comunitarie nonché dai singoli e dalle imprese. Essa assicura un’interpretazione uniforme del diritto comunitario tramite una stretta cooperazione con i giudici nazionali grazie ai procedimenti in via pregiudiziale. La Corte di giustizia ha funzionato con un solo grado di giurisdizionale sino al 1 settembre 1989. A tale data il Consiglio le ha affiancato un Tribunale di primo grado allo scopo di accrescere la tutela giurisdizionale dei singoli cittadini.

    IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

    Il Tribunale di primo grado è composto da 15 giudici nominati dagli stati membri, per un mandato rinnovabile della medesima durata. Il tribunale designa il Presidente tra i suoi giudici, tuttavia esso non è assistito da avvocati.

    Il Tribunale di primo grado è ormai competente ad esaminare qualsiasi ricorso proposto dai singoli e dalle imprese, contro decisioni delle istituzioni e degli organi comunitari. Le sentenze del Tribunale possono essere oggetto di un ricorso dinanzi alla Corte di giustizia limitato alle questioni di diritto.

    Il Tribunale si riunisce in sezioni di tre o cinque giudici. Per alcune cause importanti esso può riunirsi in seduta planetaria. Vi sono due categorie di ricorsi che possono essere proposti dinanzi alla Corte:

    • RICORSI DIRETTI che possono essere presenti direttamente dalla Commissione, da altre istituzioni comunitarie o da uno stato membro. Le cause proposte da singoli o imprese che mettono in questione la legittimità di un atto comunitario sono assegnate direttamente al Tribunale;
    • DOMANDE DI PRONUNCIA PREGIUDIZIONALE provenienti dai giudici degli stati membri che necessitano di una decisione su una questione di diritto comunitario al fine di pronunciare una sentenza.

    CORTE DEI CONTI

    La sezione cinque, dall’articolo 188A al 188C, contempla la Corte dei conti europea ha sede in Lussemburgo.

    La Corte dei conti europea esercita una funzione di controllo delle spese dell’Unione europea, per verificare che esse siano effettuate secondo le norme di bilancio e i regolamenti finanziari vigenti, per gli scopi cui sono destinate. La Corte dei conti garantisce il rispetto dei principi morali, amministrativi, contabili. Le relazioni della Corte sono fonti di informazioni sulla gestione delle finanze dell’Unione europea.

    Un controllo obiettivo della Corte dà al contribuente la certezza che la risorse finanziarie dell’Unione sono gestite in modo responsabile.

    Tutte le istituzioni e gli organi che hanno accesso ai fondi dell’Unione europea sono sottoposti a controllo e devono fornire alla Corte dei conti le informazioni e i documenti richiesti. Le istituzioni europee non sono le uniche ad essere assoggettate a questo controllo: le amministrazioni nazionali, regionali e locali che gestiscono fondi comunitari e tutti i benefici di aiuto comunitari, all’interno e all’esterno dell’Unione europea, devono risultare in regola agli occhi della Corte dei conti.

    Il compito della Corte e di suoi collaboratori è di verificare la legittimità e la regolarità delle entrate e delle uscite, nonché di garantire una sana gestione finanziaria, verificando se gli obiettivi perseguiti sono stati raggiunti. La Corte effettua controlli sul posto: presso le istituzioni europee e gli stati membri.

    La responsabilità principale di pervenire, indagare sulle irregolarità è di chi gestisce ed attua i programmi dell’Unione europea.

    Quando la Corte individua errori, irregolarità o possibili casi di frode, né da comunicazione alle amministrazioni e agli organismi interessati, affinché prendano i provvedimenti necessari.

    Le osservazioni della Corte sulla gestione delle finanze comunitarie sono pubblicate sulla Gazzetta ufficiale, nella sua relazione annuale che indica in quali campi sono possibili dei miglioramenti. La relazione è sottoposta all’esame del Parlamento europeo che decide se dare alla Commissione il discarico per l’esecuzione del bilancio.

    La Corte inoltre può, in qualsiasi momento, pubblicare relazioni speciali su aspetti particolari della gestione del bilancio.

    IL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE

    Nel capo tre, dall’articolo 193 al 198, si contempla il Comitato economico e sociale che ha sede a Bruxelles.

    Il Comitato economico e sociale è un organo di carattere esclusivamente consultato, e formula dei pareri che sono espressi da rappresentanti delle varie categorie della vita economica e sociale dell’Unione europea.

    Ai membri del Comitato spetta il titolo di Consiglieri; essi provengono da un’ampia gamma di categorie economiche e sociali. I membri del Comitato sono suddivisi in tre gruppi: datori di lavoro, lavoratori e attività diverse.

    Pareri

    Per taluni progetti legislativi, la consultazione del Comitato da parte della Commissione e del Consiglio è, secondo il trattato, obbligatoria. Dal 1972 in poi, il Comitato ha diritto di formulare dei pareri di propria iniziativa su qualsiasi questione d’interesse comunitario.

    Non è mai stata approvata alcuna norma europea di una certa importanza senza che sia stato consultato il Comitato.

    Il lavoro di discussione e di elaborazione dei pareri si svolge all’interno di una struttura che comprende nove sezioni con un relatore e un gruppo di studio per ogni questione.

    L’attività del Comitato, poiché implica che i suoi membri trovino un terreno di intesa su ogni questione e risolvano i conflitti d’interesse fra i diversi gruppi economici e sociali, costituisce un prezioso contributo alla formazione del consenso nel processo legislativo dell’Unione europea.

    Controllo sul mercato unico

    Il Comitato è particolarmente qualificato per dare un contributo diretto alla realizzazione del mercato unico. Esso svolge un costante controllo del mercato interno e richiama l’attenzione sulle disfunzioni.

    Il Comitato organizza il ‘FORUM DEL MERCATO INTERNO’ con lo scopo di esaminare gli sviluppi della situazione. Il FORUM permette al Comitato di agire come un osservatorio permanente; indica i punti che sono stati tralasciati e mette in evidenza le inesatte interpretazioni e le reticenze che possono creare barriere tra i mercati e ostacolare la libera circolazione dei beni, dei servizi, dei capitali e delle persone.

    IL COMITATO DELLE REGIONI

    Nel capo quattro, dall’articolo 198A al 198C, si contempla il Comitato delle regioni che ha sede a Bruxelles.

    Il Comitato delle regioni è la più giovane istituzione dell’Unione europea e la sua creazione riflette la volontà degli stati membri di rispettare le identità e le prerogative degli enti regionali e locali, in modo da renderli partecipi dello sviluppo e dell’attuazione delle politiche europee.

    Per la prima volta nella storia dell’Unione europea, esiste l’obbligo giuridico di chiedere il parere dei rappresentanti delle collettività locali e regionali sulle questioni che lo riguardano direttamente.

    Il Comitato si divide in otto commissioni, ognuna delle quali tratta uno dei seguenti argomenti:

    • sviluppo regionale, sviluppo economico.

    Sottocommissione: finanze locali e regionali;

    • assetto dello spazio, agricoltura, caccia, pesca, foreste, mare, montagna.

    Sottocommissione: turismo e spazio rurale;

    • trasporti e reti di comunicazione.

    Sottocommissione: telecomunicazioni;

    • politiche urbane;
    • assetto territoriale, ambiente, energia;
    • istruzione e formazione;
    • Europa dei cittadini: ricerca, cultura, gioventù e consumatori.

    Sottocommissione: gioventù e sport;

    • coesione economica e sociale, affari sociali e sanità pubblica.

    Custode della sussidiarietà

    Il Comitato si è rivelato un fermo sostenitore del principio della sussidiarietà sin dalla sua prima sessione nel marzo 1994.

    Il principio della sussidiarietà stabilisce che le decisioni devono essere il più vicino possibile ai cittadini, quindi si oppone ad ogni forma di processo decisionale centralizzato.

    I 222 membri del Comitato provengono dai livelli di amministrazione più vicini al cittadino: presidente di regione, sindaci, presidenti di consigli regionali e comunali.

    Il trattato prevede la consultazione del Comitato delle regioni da parte del Consiglio o della Commissione nei seguenti settori: reti transeuropee, sanità pubblica, istruzione, gioventù e cultura.

    Il Comitato può formulare un parere di propria iniziativa anche su altre questioni che non interessano direttamente la città e le regioni, come per esempio l’agricoltura e la protezione ambientale.

       
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