Liceo linguistico europeo

"CAPITANIO"

- Bergamo -

INTRODUZIONE

IL PROGETTO "PENSARE EUROPEO"


LEZIONI PRELIMINARI:

BREVE STORIA DELL'IDEA DI EUROPA

STORIA DELL'UNIONE EUROPEA

» LE RADICI DELLA CULTURA EUROPEA

IL CONTRIBUTO DELLE RELIGIONI MONOTEISTE ALLA COSTRUZIONE EUROPEA


LAVORO DEI GRUPPI


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LEZIONI PRELIMINARI

LE RADICI DELLA CULTURA EUROPEA
(Dott. Garzonio)

Punto di partenza: lettura di una pagina di Esiodo, tolta da Il Catalogo delle donne. È una raccolta su alcuni personaggi della mitologia tra i quali figura Europa.

Zeus vide Europa mentre ella giocava, insieme alle compagne, sulla spiaggia di Sidone, o di Tiro, di cui suo padre era re. Infiammato d’amore per la sua bellezza, si trasformò in un toro di un candore abbagliante, dalle corna simile a un quarto di luna. Poi, così trasformato, andò ad accucciarsi ai piedi della ragazza. Quest’ultima, dapprima spaventata, si fa poi coraggio, accarezza l’animale e si siede sulla sua groppa. Immediatamente il toro si lancia verso il mare. Malgrado le grida d’Europa, che si afferra alle corna, penetra nei flutti e s’allontana dalla riva. Entrambi giungono così a Creta dove, vicino a una fonte, a Gortino, Zeus s’unisce alla ragazza sotto platani, che, in ricordo di tali amori, conservarono il privilegio di non perdere mai le foglie. A Zeus ella diede tre figli: Minosse, Sarpedone e Radamanto. Zeus la fece sposare al re di Creta Asterione, figlio di Tettamo, il quale non aveva prole e adottò i figli di Zeus. Dopo la morte, a Europa, furono tributati onori divini.

Il racconto prosegue con lo sviluppo che avrà successivamente la dinastia che da quel ratto e da quella violenza avrà seguito.

  • Perché partire da questa lettura?
  • Innanzitutto perché, visto che si parla di radici, è interessante notare come quest’Europa in cui viviamo e che si è posta al centro del mondo per alcuni secoli, all’inizio è stata anche terra di conquista e periferia di un impero, l’impero greco. Inoltre il nome di questa donna, Europa, significa Occidente. Le terre di Europa di allora erano il "far West" della Grecia, una Grecia, al massimo della sua civiltà, ma impegnata a cercare quelle ricchezze che mancavano sul suo territorio ad Est (Asia) e ad Ovest (dalle isole del sud Italia verso il continente vero e proprio). Il racconto di questo mito aiuta anche a capire come la storia è stata tramandata attraverso dei miti ossia dei racconti. Tanto è vero che il mito del ratto di Europa da parte di Zeus, il padre degli dei, trasformatosi in toro e poi nella violenza fatta a questa ragazza da cui venne la discendenza successiva, riferisce degli inizi della conquista greca, nell’isola di Creta. Di fatto il primo discendente di Europa fu re di Creta.
  • Questo modo degli antichi di narrare gli eventi offre pure dei termini che fanno parte del nostro linguaggio comune: il labirinto, Dedalo, il Minotauro, ma anche delle idee, dei modi di pensare, come vissuti collettivi. Di fatto questo racconto mitico contiene in sé insieme degli elementi che ci inducono a pensare: Zeus, il violentatore, che seduce la ragazza e la porta attraverso le acque del Mediterraneo fino a Creta, alla fine viene domato dalla ragazza: Zeus è quindi vittima della sua stessa violenza. E questo, tradotto in termini contemporanei, dimostra una convinzione che ci portiamo dentro di noi: ci insegna, da un punto di vista simbolico che all’origine, dunque, c’è la rottura di un’armonia, c’è una ferita, una vera e propria violenza. E ci insegna ancora che la violenza genera sempre violenza, l’egoismo genera egoismo. E il problema è come uscire da questa tremenda spirale. Occorre trovare il modo per uscire, trovare il modo per riparare.
  • Il mito, il racconto, la poesia, l’arte ci riportano alle radici della storia e soprattutto alle domande che attengono le richieste fondamentali dell’uomo: il sapere il significato della vita, della morte, del progresso, del dolore, delle passioni, della violenza stessa; il significato degli slanci e dei tradimenti.
  • Questo racconto di Europa ci dice infine che siamo soltanto una parte nonostante la potenza che il vecchio continente ha accumulato nei secoli, non siamo il tutto, non siamo il centro anche se è stato coniato l’aggettivo "eurocentrico" e da qui partivano le conquiste, la colonizzazione, la civiltà. Siamo andati ad esportare una civiltà, ma anche violenza, oppressione e tutti i nostri retaggi del passato. Occorre avere il senso del contesto, non per una pretesa di relativismo, ma cercare di capire come diceva Thomas Merton " Se è vero che nessun uomo è un’isola, non è un’isola nemmeno un continente", nemmeno una grande potenza in quel villaggio globale in cui siamo inseriti oggi.
  • Un ultimo punto emerge dal racconto mitologico letto (punto di grande interesse per capire il discorso delle radici perché tale discorso non sia una pura affermazione retorica): c’è sempre un prima e c’è sempre anche un dopo; il dopo si porta sempre dietro l’esito di ciò che c’è stato prima, non per determinismo ma per eredità. Noi siamo figli di una famiglia, di una città, di un paese, di una lingua (si dice "madrelingua"); siamo figli dell’epoca in cui ci troviamo. E mentre siamo figli ora saremo genitori, magari non fisicamente, ma culturalmente di chi verrà dopo di noi. Riceviamo un testimone dalle generazioni che ci precedono e abbiamo la consegna di passarlo alle generazioni che verranno dopo di noi. Infine ricordiamo che il passato non è soltanto archeologia, ruderi ma è materia viva che ripropone continuamente quei temi esistenziali, quelle domande di fondo di cui parlavamo poco prima.
  • Ma queste radici classiche sono le uniche che sono confluite in Europa?
  • L’Europa è stata anche il "West" per altre culture: sulle stesse coste dove sono approdati i coloni greci e che hanno costituito i capisaldi di quella "Magna Grecia", successivamente sbarcarono altri popoli, altri personaggi: i nomi sono tanti, citiamo soltanto Paolo di Tarso, Simone detto Pietro da Cafarnao, Giacomo che andò fino in Spagna …ecc. Questi personaggi sono approdati sull’ondata di quella continua disseminazione culturale che è venuta dall’area del Mediterraneo. Portano non più un mito, ma un’esperienza vissuta, la testimonianza di un qualcosa che hanno vissuto o di cui hanno sentito parlare in prima persona: l’annuncio di un evento accaduto in un certo periodo storico, in Palestina; non un canto di poeta, ma il resoconto di un uomo (Gesù Cristo) e di un popolo, la storia di una passione e di una morte, poi di una risurrezione. Il loro messaggio, rispetto alle radici precedenti, non voleva essere né in concorrenza, né in polemica, né in antagonismo: semplicemente una cosa diversa, un altro modo di raccontare la storia umana, un altro modo di rispondere agli interrogativi fondamentali sulla vita e sulla morte, sul dolore, sulla luce e sulle ombre.
  • Questo annuncio portato da Paolo e da Pietro, questo mistero cristiano _ e qui la storia ci offre un altro insegnamento _ è un mistero che non nasce dal nulla, ma è a sua volta parte di una storia più grande: la storia di un’alleanza tra Dio e l’uomo, fondata sul Sinai, tra Dio e il popolo ebraico. Quindi arrivano sulle coste europea la Buona Novella del vangelo e l’antica promessa fatta ad Israele riletta dai cristiani alla luce dell’evento pasquale.

Quindi il nostro vecchio continente incomincia a mostrare le radici di una classicità che si è composta di Grecia e di Roma: Roma ha assunto e rielaborato le culture che ha incontrato lungo la sua espansione, cercando di integrarle e di farle convivere sul suo territorio. A questa classicità, si affianca una nuova ricchezza: quella portata dal cristianesimo. In questa situazione scorrono tre secoli drammatici sul suolo d’Europa in quanto l’impero cementa la sua unità politica trovando dei nemici all’esterno delle sue frontiere.

  • Nel 313, con l’editto di Milano, il cristianesimo è libero di diffondersi. Si apre così un periodo in cui effettivamente si pongono le radici di ciò che sarà l’Europa cristiana. Nel IV secolo Ambrogio di Milano ha la capacità di indicare la via maestra per il passaggio dall’Impero alle forme storiche che verranno in seguito. Ambrogio può essere definito come un grande mediatore tra civiltà classica, cristiana e bizantina grazie al suo bilinguismo (latino e greco). Ambrogio, il cui nome è di origine greca, nasce a Treviri, come un romano, uno studioso di diritto, un amministratore pubblico: è un uomo che crede a Roma, alla sua civiltà e capacità di garantire pace e sviluppo, di governare. Dal cristianesimo, attinge il senso ultimo della vita. Quindi Ambrogio inizia un’operazione che caratterizzerà la cultura europea per secoli: unisce i valori civili fondamentali della romanità, la libertà, il diritto, il rispetto dei poveri, la battaglia contro l’ingiustizia (ad es. contro gli usurai), la lealtà nei confronti delle istituzioni, il servizio dello Stato, con l’insegnamento evangelico. Egli media tutti questi valori con una terza radice: la radice bizantina, in particolare l’elaborazione bizantina del cristianesimo (Padri della Chiesa dell’Asia minore). Milano, grazie ad Ambrogio, assume la figura di punto di riferimento e diviene testimone della possibilità di una convivenza tra diverse civiltà. La città meneghina, una delle quattro capitali dell’impero insieme a Sirmio, Costantinopoli e Treviri, diviene sede di chiese e di sinagoghe, trovano espressione i culti che si trovano alla periferia del mistero, i culti misterici.
  • Quando Ambrogio muore nel 397, al suo funerale partecipano tutti (ebrei, cristiani, pagani e eretici), quasi a significare il suo valore di punto di riferimento e di tolleranza.
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